…e tutto d’un tratto l’attesa finisce e arriva il tempo della raccolta. C’è il tempo della semina, quello della cura, della pazienza e dell’attesa. Poi, senza nemmeno rendersene conto, arriva il tempo di raccogliere tutto quello che abbiamo seminato. Se la semina è stata buona, allora i frutti ci saranno e supereranno le intemperie: pioggia, neve, le giornate quasi estive e quelle quasi invernali in piena primavera. Quando è il loro momento i frutti arrivano a maturazione e hanno un sapore diverso, pieno, che sa di terra, di lealtà, di schiettezza. E’ giunto il tempo delle fave nell’orto, ma è giunto anche il momento di godermi quello che ho seminato al di fuori del mio piccolo terreno.
E’ arrivato il periodo dell’anno in cui si ha ancor più bisogno di dedicarsi ai piccoli piaceri. Riunirsi con le persone care e portare in tavola qualcosa di semplice, perché in quelle occasioni è la compagnia a fare la differenza. Le fave appena raccolte nell’orto, il pane a lievitazione naturale, l’olio buono, il prosciutto preparato con cura da mio padre, il formaggio locale e la ventricina, che in Abruzzo non manca mai accanto alle fave.
Sono piccoli riti che si rinnovano anno dopo anno, come sgranare le fave. Sono i gesti semplici che mi fanno riscoprire il piacere dell’attesa. E’ uno di quei casi in cui mi accorgo che quei gesti mi mancano più di qualsiasi altra cosa, forse perché presuppongono la lentezza, quella lentezza che nella quotidianità spesso manca, ma che è preziosa e va ricercata nei piccoli piaceri.
Riti e tradizioni che rafforzano la mia idea di semplicità, dove semplicità non è sinonimo di banalità, ma spesso è leggerezza: è godere dei piccoli piaceri, è ridere e non accorgersi del tempo che scorre, è bere un bicchiere di vino rosso, guardarsi attorno e sentirsi bene.
Dopo una settimana molto più che intensa, tutto quello di cui avevo bisogno era arrivare qui. Scrivere, godere di quei piaceri che mi fanno vivere con leggerezza anche le situazioni più difficili, condividere una parte di me senza pesare ingredienti, perché a volte la felicità è più vicina di quello che crediamo. Con la compagnia giusta la semplicità di una bruschetta con fave, ricotta e pecorino non ha bisogno di altro. O forse sì, di qualche bicchiere di vino rosso e di un po’ di ventricina per i più golosi…
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Eli dice
Fa bene al cuore leggere queste parole al termine di una giornata di quelle toste, quando non hai più un briciolo di energia nelle gambe ma ti sembra di non aver concluso nulla. Fa bene al cuore perché ti dà la conferma che l’importante non è spaccarsi in quattro per fare millemila cose, ma farne poche – quelle essenziali – con tutta te stessa. Ti invidio un sacco, Ile, perché tu ce la fai, e alla grande, con quella serenità e quella consapevolezza che spargi intorno da sempre. Se solo avessi il libretto di istruzioni per essere come te… 😉 Ti abbraccio forte, Eli
Ileana Pavone dice
…fa bene al cuore leggere le tue parole, Eli.
Ti assicuro però che non ce la faccio sempre, anzi. Qui c’è sempre una gran confusione e parecchia instabilità 🙂
Grazie per esserci Eli, sai quanto mi fa piacere leggerti…da sempre!
Ti stringo forte :*
Francesca dice
I miei occhi avevano letto “il tempo delle favole” e non delle fave! Sorrido, c’è un perchè a tutto, anche a certe visioni… 😉
Le favole che stiamo imparando ad amare già da un po’ sono quelle quotidiane, a portata di mano, lontane dai sogni impossibili e troppo lontani… sono favole semplici, che ci raccontiamo a bassa voce e ci fanno compagnia quando siamo sole, nelle nostre passeggiate o pause all’aperto… e i frutti delle favole possono essere le fave, no? Da sgranocchiare, come ogni giorno nuovo che abbiamo davanti… da sgranare, con attenzione… da gustare, con poche ma essenziali cose… e la mia anima romana approva tanto queste bruschette! 😉
Ileana Pavone dice
Sorrido anch’io per questa tua visione e mi ritrovo in ogni parola. Le favole quotidiane, quelle che abbiamo imparato ad amare, ma che a volte sono così difficili da trovare…eppure sono così semplici, a volte sono così vicine che sfuggono senza volerlo, ma noi siamo pronte ad accoglierle, ad afferrarle.
Nel frattempo continuiamo a camminare, sgranocchiando fave, raccontandoci favole e sogni, senza smettere di crederci. 🙂